Pesante, inevitabile, equa. La manovra economica del Governo Monti raccoglie una sfilza di aggettivi da parte dei vari soggetti politici. Gli incontri con le parti sociali sono in corso. Casini e Rutelli, hanno già avuto il vis a vis e si dicono soddisfatti. Nel pomeriggio seguiranno i confronti con PdL e Pd, mentre Lega Nord e Italia dei Valori hanno declinato l’invito.
Quello a cui si assiste in queste ore è un dibattito molto singolare, in cui si dà tutto troppo per scontato: quell’aggettivo usato da Casini, “manovra inevitabile” ha qualcosa di inquietante. Così come la metafora della medicina amara. Soprattutto se ad ingoiarla saranno i soliti soggetti che non effettuano alcuna evasione delle tasse: gli aumenti pronosticati dell’Irpef di due punti percentuali andrebbero infatti a gravare sui contribuenti che già subiscono una pressione fiscale elevata.
La Cgil intanto, critica senza mezzi termini la manovra Monti, dichiarando, per bocca del leader Camuso, che serve solo a “fare cassa” sulle spalle dei pensionati. Anche la Cisl non apprezza in pieno il metodo Monti, che convoca le parti sociali come se la manovra economica fosse già cosa fatta.
Semplici consultazioni e poche trattative: Monti, Fornero, Passera e compagnia sembrano volere tirare diritto, quasi che la manovra sia criticabile ma al contempo predeterminata. Viene il dubbio di essere di fronte a un’oligarchia finanziaria: ma se sistemare i conti resta una priorità, questa non è tuttavia la sola cosa che conta. In pratica se Monti agisce solamente come un superministro del Tesoro dotato di poteri illimitati, sbaglia ad avere accettato l’incarico. La sua visione ristretta e apolitica rischia di essere la sua stessa condanna, la sua manovra, che egli stesso taccia come necessaria ed inevitabile, la condanna degli italiani che invece di una politica nuova si trovano tecnici e professori fatti di quella stessa carta di cui sono fatti i soldi.