L’Associazione Bancaria Italiana ha condotto un’analisi secondo cui l’insolvenza in relazione ai prestiti bancari è salita al 7,32%, un valore che non si toccava dal 1999. Colpa della crisi, certo, ma anche dei super prestiti concessi in esclusiva ai clienti top, spesso identificabili in furbetti caduti in disgrazia per operazioni al limite o oltre il lecito. A mettere in luce questo aspetto, uno studio della Fiba, il sindacato del settore bancario e assicurativo della Cisl. Il danno provocato da personaggi tristemente noti al mondo della finanza, come Zeleski e Ligresti, erode la base della concessione dei finanziamenti.
Il meccanismo non è difficile da spiegare se, come riporta il Fatto Quotidiano, si considerano i meccanismi bancari per la concessione dei prestiti: per i finanziamenti di importo inferiore a 125mila euro decide il titolare di filiale, mentre per quelli compresi tra i 125 mila e 2,5 milioni la decisione passa attraverso i gradi più alti, fino al direttore generale. Per i prestiti più ingenti decide il Consiglio d’amministrazione.
Secondo l’indagine Fiba, le insolvenze si concentrano sulle decisioni del Consiglio di amministrazione, ovvero sui super prestiti a soggetti ed enti di grandi dimensioni: su un totale di circa 126 miliardi rilevato a fine 2012, solamente il 16% delle sofferenze totali sono imputabili a decisioni del titolare della filiare. Il 43% coinvolge ruoli fino al direttore generale compreso. Il 41% rimanente deriva da a scelte compiute a livelli superiori fino al Consiglio di amministrazione. Il male parte dall’alto: l’84% del totale grava come un macigno rispetto a quel 16% di insolvenza dei prestiti di importo minore di 125mila euro. Eppure i soliti nomi godono del favore di quelle stesse banche che poi si lamentano delle insolvenze e le prendono come scusa per non concedere finanziamenti alle imprese.