L’aumento della benzina del governo Monti non è passato inosservato: il carburante italiano è diventato il più caro d’Europa. I molti sostenitori della svolta accettano come un ineluttabile destino la nuova accise che ha portato la media nazionale dei distributori ad 1,715 euro al litro per la benzina. E’ il prezzo che si sentono di pagare per la morte del berlusconismo. Quello che prima sarebbe stato rapina, oggi è solidarietà. Ma l’economia avrebbe bisogno di prospettive più oggettive, tanto più in un paese come l’Italia dove la politica è scesa al rango di scontro tra tifosi, senza nessuna visione equilibrata. E così sarebbe facile rendersi conto come l’aumento della benzina andrà ad influire su tutta l’intera filiera produttiva. In questo senso Monti è molto abile a fare la parte dell’eroe quieto e razionale che deve salvare la patria ad ogni costo e a raccogliere il plauso per il suo coraggio di essere anche impopolare. Ma aumentare di dieci centesimi la benzina in un colpo solo, da un giorno all’altro, senza se e senza ma, è una mossa che ha il sapore di una decisione da monarca in cerca di un nuovo obolo. Forse è finito il berlusconismo ed è iniziato un presidenzialismo che nessuno ha richiesto. Qualcuno dirà che la vera colpa è dei governi precedenti, qualcun altro che è colpa degli italiani tutti: bene, trovare i colpevoli. Ma da un tecnico ci si dovrebbe aspettare soluzioni, non punizioni. E se le soluzioni sono solamente azioni che servono a fare cassa a breve termine ma che a medio termine deprimeranno i consumi, allora questo governo sta fallendo con la sua calcolatrice tra le mani, i marchi delle banche sulla fronte e l’idea di un’Europa che non c’è nelle tasche di raso.