Il governatore della Bce Mario Draghi ha dato il via ad una politica monetaria per sostenere la crescita. A pochi giorni dalla prima tranche di acquisti di obbligazioni, il Quantitative easing, “Allentamento quantitativo”, questo il nome della manovra appena inaugurata, pare dare segnali di inversione di tendenza, almeno stando agli esordi. Si registra uno spread tra il Btp a 10 anni e l’omologo Bund tedesco in discesa, sotto i 90 punti arrivando a toccare quota 84, ossia i livelli del 2008. Il Quantitative easing è una misura straordinaria che ha lo scopo di rilanciare l’economia, facendo scendere il costo del debito degli Stati e i tassi di interesse, rilanciando il mercato del credito e fermando la deflazione. Con questo provvedimento la Bce fa acquisti programmati di titoli finanziari negoziati sul mercato. In tal modo immette nel sistema finanziario molta liquidità che serve proprio per comprare i titoli. Uno degli effetti del Quantitative easing di Draghi è livellare la percezione del livello “rischio-paese” della zona Euro, Grecia esclusa.
Il quantitative easing ha funzionato bene negli Stati Uniti, ma non è detto che ciò funzioni anche nell’Eurozona. Inoltre le possibili conseguenze per l’economia potrebbero anche avere un effetto perverso, dando spazio alla speculazione, generando una bolla sui mercati: come si comporteranno gli istituti di credito inondati di liquidità dalla Bce? La useranno per allargare i prestiti e sostenere le aziende e le famiglie o per fare una montagna di profitti sui titoli che hanno nel portafoglio, come recentemente accaduto?
Si sta facendo un nuovo taglio del costo del denaro, ma basterà per uscire dal tunnel? Oltre certi livelli di disoccupazione e stagnazione produttiva la politica monetaria non può nulla, anche se speriamo che serva per uscire dalla crisi.